
Regeni: per l’Egitto non è l’eccezione ma la regola
Siamo tutti al corrente di quello che è successo a Giulio Regeni, come siamo altrettanto al corrente che il governo tra una stretta di mano e l’altra con Al-Sisi, non ha fornito risposte di alcun tipo ai molti interrogativi torbidi che provengono dal Cairo. Un precedente inquietante sembra farci capire che quanto accaduto a Regeni, per l’Egitto sia la regola e non l’eccezione. Quella volta a farne le spese fu Eric Lang, un cittadino francese.
Eric Lang nel 2013 insegnava in Egitto e un giorno, mentre si trovava a casa sua, venne arrestato dalla polizia che senza alcuna accusa formale decise di trattenerlo. Dopo una sola settimana di galera, venne ritrovato morto nella sua cella. La causa – dissero – fu un feroce pestaggio da parte dei compagni di cella. Così i 6 egiziani che condividevano la cella con lui, vennero condannati in fretta e furia e il caso, secondo le autorità egiziane, sarebbe dovuto finire così.
La famiglia di Eric richiese però, non convinta della versione dei fatti, decise di effettuare un’autopsia e il quadro che ne uscì fuori, fece capire che le autorità egiziane erano andate ben oltre le loro competenze. La morte di Eric venne ricondotta all’uso di una sbarra di ferro, di elettrodi e di cavi elettrici, strumenti di tortura che i compagni di cella non avrebbero mai potuto avere ma sopratutto strumenti che fanno pensare ad una tortura effettuata per mezzo di scosse elettriche
La famiglia chiese, come nel caso Regeni, che venisse fatta luce, spingendo affinchè venisse fatta una nuova inchiesta con indagini congiunte franco-egiziane, ma dal Cairo non risposero mai in merito ad una collaborazione giudiziaria, lasciando cadere contro un muro di omertoso silenzio la verità sulla morte di Eric Lang.