Preti in trincea mentre il Vaticano tace

Dopo aver letto il pezzo che vedeva come protagonisti padre Narek Petrosian e padre Gor Gyorgian, alcune domande sorgono spontanee. Però preferisco andare con ordine e quindi vi presento i due protagonisti della triste vicenda ambientata nel Nagorno – Karabakh. I due ecclesiastici con i loro crocifissi d’orati sono fonte di sicurezza e di tranquillità – spirituale si intende – per i ragazzi al fronte quasi adolescenti, di nazionalità armena, che cercano conforto in un Padre Nostro, prima dell’ennesima battaglia contro le milizie azere, supportate dagli estremisti filo filo- turchi.

Come riportato da Il Giornale Padre Narek e padre Gor sono i primi a saperlo. I primi a ricordarlo. «Vi chiediamo di osare, ma con giudizio e discernimento. La nostra missione è vincere, non morire». Poi tutti insieme esplodono in un solo grido «Ateluin!», «Vinceremo!». Stavolta non sarà facile. Durante la guerra degli anni ’90 – quella che regalò 26 anni di effettiva indipendenza ad un’enclave cristiana ed armena inserita da Stalin dentro i confini dell’Azerbaigian – nessuno avrebbe pregato nascosto nel cuore di una foresta.

Ma qual è il motivo della mia riflessione sul pezzo citato da Il Giornale ? La totale assenza di interesse da parte del vaticano. Qualcuno potrebbe obiettare che gli armeni “appartengono” alla Chiesta Ortodossa, quindi non sono minimamente sottoposti all’autorità papale. Giusto, anzi giustissimo, però dal Santo Padre, in quanto guida – se non spirituale – per lo meno morale di tutti i cristiani, mi sarei aspettato una parola di conforto la scorsa domenica a San Pietro. Dal Papa, invece di parlare di tasse durante il perdurare di un conflitto alla periferia dell’Europa, dove la rivalità endemica tra cristiani e musulmani non è stata mai sopita, mi sarei aspettato una parola di conforto nei confronti di quei fratelli nella fede a cui vengono distrutte sistematicamente le Chiese.

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