
La meritocrazia degli stupidi: ne vale la pena?
Non vi è alcun dubbio che il Movimento 5 stelle sia stata fino al 2018 una forza prorompente della politica italiana. Il 30% dei voti alle ultime politiche senza alcuna coalizione, un successo politico unico. In breve, 1 italiano su 3 aveva votato il movimento. Dal 2013 fino al 2018, alle svariate regionali e comunali, i loro candidati stavano sempre un passo avanti agli altri. E poi? Cosa è successo?
Sono andati a governare. Sono dovuti passare dalle parole ai fatti. Dal 2018 ad oggi, specialmente con il Conte 2, tenendo il timone insieme al PD, i 5 stelle sono crollati giù a picco e non si sono mai più ripresi. Il quesito che mi pongo oggi però è differente, perchè il problema è differente. Ne è valsa la pena? Alla fine di tutto – dati alla mano siamo alla fine del Movimento – possiamo dire che ci saremmo volentieri risparmiati questo esperimento fallito; quindi no, non ne è valsa la pena.
La chiamano democrazia diretta, democrazia che viene dal basso, al grido di 1 vale 1. Io l’ho sempre chiamato delirio collettivo di massa, e la storia mi sta dando ragione. Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri, confonde Libia e Libano. Ripeto, sottosegretario agli Esteri. Non lo dice ma lo scrive, il che è ancora peggio; viene spontaneo domandarsi “Poteva almeno documentarsi su google prima di scrivere”. Ma l’arroganza di chi viene dal basso senza nulla chiedere a volte supera la superbia dei potenti.
Alla fine ne è valsa la pena premiare gli incompetenti, che da dilettanti allo sbaraglio decidono il destino comune della nostra vita, sacrificando all’altare della meritocrazia i vecchi sciacalli della politica, i quali tutto sommato, sapevano come muoversi nelle acque impervie della politica italiana?