
La lezione del Giappone agli pseudo economisti europei
Dopo le dimissioni di Shinzo Abe per motivi di salute, Yoshihide Suga il nuovo Primo Ministro del Giappone sembra essere partito con il piede giusto, continuando di fatto la peculiare politica economico-monetaria del paese Nipponico. Così Suga, ha dichiarato, durante il corso di un’intervista che esiste limite al quantitativo di titoli di Stato che può emettere il governo giapponese. L’approccio del Giappone ha fatto sì che il rapporto debito/PIL del Paese, quest’anno raggiungerà il 270%, senza intaccare minimamente il livello di occupazione dei Giapponesi – che rimane uno dei massimi al mondo – e lo stile di vita degli stessi cittadini, che rimane tra i più alti al mondo.
In poche parole il nuovo Primo Ministro giapponese voleva fare intendere che per uno Stato che dispone della sovranità monetaria e che emette debito nella propria valuta, non c’è alcun limite intrinseco alla quantità di debito che esso può emettere, né in termini assoluti né in rapporto al PIL; non c’è alcuna “soglia” oltre la quale si va incontro a chissà quali conseguenze nefaste.
Ovviamente questa tesi è sostenuta anche da Olivier Blanchard, il quale dichiarava che il tasso di disoccupazione sia sempre una scelta dettata dalle agende politiche e del ruolo fondamentale che la stessa politica di bilancio ha nel regolare il tasso in questione. Olivier Blanchard, ex capo economista del Fondo monetario internazionale (FMI) dichiarò «Far aumentare in maniera significativa il deficit primario e il debito pubblico è stata la scelta giusta [per il Giappone]. Il disavanzo primario, in particolare, che ha registrato una media del 5,4 per cento dal 1999 ad oggi, ha giocato un ruolo cruciale nel sostenere la domanda e la produzione».