
Friedman: la banalità della stupidità
Una persona può fare del male senza essere malvagia? Era questa la complessa domanda che assillava la filosofa Hannah Arendt mentre, nel 1961, seguiva per il New Yorker il processo per crimini di guerra ad Adolf Eichmann. La Arendt ci scrisse un libro sull’intera vicenda La banalità del male. La domanda che mi assilla dopo 50 anni della prima edizione del libro è molto simile a quella che si pose Hannah “una persona può agire da stupido pur non essendolo?”
Se dovessi scrivere un libro lo dedicherei ad Alan Friedman e ispirandomi alla banalità del male lo chiamerei la banalità della stupidità. Il tweet del giornalista americano eletto in Italia a rango di esperto politologo – non so con quali criteri o meriti – non lascia adito a molti dubbi: “Friedman lo è o ci fa?”
In un momento storico in cui negli USA scoppia una rivolta sociale di dimensioni e gravità unica nella storia recente (forse paragonabile solo alla rivolta di Watts, a sommossa a sfondo razziale di imponente portata durata per 6 giorni nell’agosto 1965. I centri maggiormente colpiti furono Watts e i sobborghi contigui, anch’essi interessati da continui disordini multietnici. Alla fine della sommossa si conteggiano 34 morti, 1.032 feriti e 3.952 arresti) cosa fa il sig. Friedman? Pensa di scaricare la colpa di tutto su Putin.

Come se il Presidente russo fosse il burattinaio del mondo, che intesse trame in Italia, Francia, Cina, Siria e Stati Uniti avendo solamente un decimo della potenza militare USA . Friedman, guardi meno James Bond e legga più libri.