
Bielorussia tra golpe fallito e silenzio dei media
Credo che sia quanto mai evidente per tutti, che maggiori organi di informazione occidentali, non siano liberi da vincoli politici. I bersagli sulle prime pagine dei quotidiani, siano essi cartacei che online, sono sempre gli stessi elementi. Eletti a nemici della libertà, questi soggetti non godono di nessuna pietà mediatica, neppure quando loro sono vittime di abusi e violenze.
Questo è il caso del presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, il quale salito all’onore della cronaca per la violenta repressione attuata nel suo Paese la scorsa estate, rimane inascoltato quando dimostra di essere stato, sempre nel periodo delle proteste che hanno coinvolto il suo paese la scorsa estate, vittima di un golpe manovato dall’esterno.
Era il 18 agosto 2020 quando in un clima sempre più teso con i dissidenti, che avevano convocato la prima riunione del Consiglio di coordinamento dell’opposizione, Lukashenko aveva gridato al golpe, avendo dato ordine di dispiegare le unità combattenti dell’esercito lungo il confine occidentale della Bielorussia, temendo un’intervento di attori esterni sul suo territorio.
Ma l’allarme golpe era fondato?
È lo stesso presidente bielorusso a rispondere a questa controversa domanda, tanto da avere informato della detenzione di un gruppo che stava progettando un attacco contro la sua persona e i suoi figli. Il gruppo sarebbe collegato con le agenzie di intelligence statunitensi, secondo quanto rende noto l’agenzia di stampa BelTA tramite il suo canale Telegram.
Secondo quanto riportato dal TASS – prima agenzia di stampa russa – a metà aprile, l’arresto del gruppo golpista è avvenuto con la fondamentale collaborazione del Servizio di sicurezza federale (FSB) della Russia.
“In un’operazione speciale condotta dal Servizio di sicurezza federale della Federazione Russa insieme al Comitato per la sicurezza dello Stato della Repubblica di Bielorussia (KGB), le attività illegali di Yuri Leonidovich Zyankovich, uomo con doppia cittadinanza bielorussa-statunitense, e il cittadino bielorusso Alexander Feduta sono state fermate, poiché stavano progettando di realizzare un golpe militare in Bielorussia tramite la comprovata strategia della rivoluzione colorata, con il coinvolgimento dei nazionalisti locali e ucraini.
Secondo l’FSB, Yuri Leonidovich Zyankovich, il principale attore che avrebbe dovuto coordinare le due fasi del golpe, la prima, quella inerente gli scontri con le forze armate bielorusse, e la seconda, quella la destituzione del presidente Lukashenko tramite una violenta e massiccia rivoluzione di piazza, è giunto a Mosca dopo un breve soggiorno negli Stati Uniti, seguito da un altro in Polonia.
Queste due soste sarebbero state utili affinchè Zyankovich e il suo piccolo entourage tenessero incontri con rappresentanti delle forze armate bielorusse nelle rispettive ambasciate, in modo da convincerli a partecipare a un colpo di Stato militare con il coinvolgimento di nazionalisti locali e ucraini.
Oltre all’avvocato Yuras Zyankovich, tra gli arrestati figura anche Aleksandr Feduta; portavoce di Lukashenko durante le elezioni del 1994.
Secondo quanto riportato dal servizio di sicurezza federale russo (FSB) “i due sono consegnati spontaneamtente alle autorità bielorusse; confermanto che i due si erano recati anche a Mosca per incontrare i generali bielorussi dell’opposizione. Hanno detto che per il successo dell’attuazione del loro piano, era necessario eliminare fisicamente l’intera leadership della repubblica”.