Mimi Chakarova e la tratta dimenticata

Sembra di aver fatto un balzo indietro nel tempo, prima ancora che il presidente statunitense Lincoln durante il corso della guerra civile americana proclamasse la fine della schiavitù.
Sembra di aver fatto un passo indietro di almeno mezzo millennio, quando nel 1600 la tratta degli schiavi arricchiva pochi e distruggeva molti.
Secondo la CNN, e tengo ad evidenziare che ad oggi l’unica fonte di questa cupa storia rimane solo la CNN, in Libia avvengono aste dove uomini comprano altri uomini, anche per 800 dinari, qualcosa come 600 euro.
Sconcerto, vergogna, repulsione; oggi vediamo a pochi chilometri da noi quella tratta che pensavamo fosse ormai dimenticata.
In questi giorni mi sono reso conto parlando con la gente comune nei luoghi più disparati, che l’apprendere quanto sta accadendo al di là del Mediterraneo arreca un senso di smarrimento e di forte incredulità.
Rimanere sbigottiti di fronte a questo evento è del tutto normale, non è normale rimanerne sorpresi.
Le emozioni sono di quelle vere.
Purtroppo.
La tratta di essere umani in Europa è un fenomeno che non ha mai smesso di affermarsi, sopratutto dall’inizio degli anni ’90, quando ha visto un grosso incremento con la caduta del Muro di Berlino.
La prova che vi sono anime vendute con la stessa indifferenza con cui si mercanteggiavano gli schiavi di Tenochtitlá si ha ogni sera, basta aspettare qualche ora e andare in periferia.
La tratta umana non è un fenomeno che coinvolge solo i migranti e la Libia, non è un fenomeno passeggero limitato e circoscritto ad un unico accadimento storico come la morte di Gheddafi o la guerra siriana, non è un fenomeno recente.
Forse siamo diventati passivi, o forse, ancor peggio, ci siamo abituati a vedere adolescenti strappate da casa, vendute all’asta (alla pari dei migranti di Tripoli per intenderci) e poi assorbite in un mondo di violenza e stupri.
Sorprende come in un periodo storico in cui si parla di “giornata contro la violenza sulle donne” e “femminicidio” non si parli di Mimi Chakarova, fotogiornalista di origine bulgara che ha presentato al Milano Film Festival «The price of sex»
Documentario di 72 minuti che ha visto la luce dopo 7 anni di duro lavoro, molto effettuato con telecamere nascoste.
Il soggetto: giovani donne cadute, loro malgrado, nella fittissima rete del commercio sessuale: un mix fatto di «stupri, schiavitù e tortura psicologica»
La regista filma quasi tutti di nascosto, anche quando, vestita lei stessa da prostituta, con coraggio decide di entrare in un nightclub, e si fa avvicinare da uomini che le chiedono «how much», «quanto vuoi». Due parole che sintetizzazo il linguaggio universale dello sfruttamento, lo sfruttamento per cui non ci indignamo più.
Sono queste le prime due parole che ha imparato Vika, una delle «protagoniste» del film di Mimi il giorno del suo arrivo a Dubai. «Ero convinta che avrei lavorato come cameriera», dice la ragazza. All’arrivo invece, la sorpresa, e la richiesta di una prestazione sessuale da parte del suo datore di lavoro. «A che serve, se devo lavorare come cameriera?», chiede. La risposta: «Sei qui per servire, è vero, ma come prostituta».
Per tutte, l’orrore inizia così. E si sviluppa tra quattro mura che ben presto assumono i contorni di una galera da cui fuggire sembra impossibile. Qualcuna ci prova. A volte in modo estremo, gettandosi dalle finestre dei palazzi. Anche Vika ci ha provato, con un volo dal terzo piano che non le ha regalato la libertà, ma una paralisi che non ha impedito ai suoi aguzzini di farla tornare a prostituirsi.
Se i luoghi di destinazione sono diversi,le ragazze del film invece vengono tutte dall’Est Europa. Le strade di Atene, le bettole turche, i lussuosi hotel di Dubai e le strade della “civilissima” Europa. «Volevo capire perché la richiesta di ragazze dell’Est è così alta», spiega Mimi. Lo chiede ai clienti la regista, in una scena del film, e loro raccontano in modo sconnesso, in un inglese esitante «che le donne dell’Est sono bellissime», tanto da non poterlo nemmeno spiegare.Quanto sia labile il muro di indifferenza e omertà di cui siamo protagonisti nostro malgrado, lo si capisce presto, perchè è racchiuso dentro ognuno di noi e viene fuori nel momento in cui alcuni ragazzi bulgari le confessano che:
« Ieri abbiamo passato la serata in un nightclub. Avevamo deciso di mettere insieme i nostri soldi per fare ballare una ragazza – la più bella di tutte – al nostro tavolo, solo per noi. Così abbiamo fatto. Ma quando la ragazza è arrivata e si è presentata siamo rimasti a bocca aperta: era bulgara. Il divertimento per noi era già finito. Nessuno di noi voleva pagare una ragazza del nostro stesso paese per farla spogliare, per farla ballare. Perché? Sarebbe stato come vedere ballare nostra sorella, nostra madre, nostra nipote»
Per queste donne e giovani ragazze, non c’è vita, non c’è libertà né possibilità di un futuro felice e significativo.
I migranti di Tripoli e la tratta delle ragazze dell’est, stesso peso ma misure differenti; da una parte l’ONU con il suo Alto Commissario per i diritti umani Zeid Raad al-Hussein che sentenzia come sia disumanta la sofferenza delle persone detenute in Libia e oltraggiosa per la coscienza umana; dall’altra parte invece…tutto normale, nessuna indignazione da parte dell’ONU dell’UE o di qualsiasi altra istituzione, del resto qualcuno sentenzierà alzando le sopracciglia «è il mestiere più antico del mondo, qualcuno dovrà pur farlo» …
“Si stima che circa mezzo milione di donne vengono annualmente vendute con lo scopo di farle diventare schiave sessuali. Sono “esportate” in oltre 50 paesi tra cui Gran Bretagna, Italia, Giappone, Germania, Israele, Turchia, Cina, Kosovo, Canada e Stati Uniti. La tratta di donne è la forma di crimine organizzato in più rapida crescita nell’Europa orientale. Sono attirati da coloro che depredano i loro sogni, la loro povertà e la loro ingenuità, le donne dell’Europa dell’Est scompaiono da casa e riappaiono in terre straniere – spesso con dei visti falsificati – dove diventano schiave del sesso. All’arrivo, vengono vendute ai protettori solo dopo essere state drogate, terrorizzate, ingabbiate nei bordelli e violentate ripetutamente”.