Rottura Parigi – Berlino dopo 70 anni?

Se la guer­ra in Ucrai­na sem­bra­va ave­re ri­cu­ci­to e com­pat­ta­to i Pae­si oc­ci­den­ta­li, nel lun­go pe­rio­do sem­bra ave­re nuo­va­men­te ac­ce­so gli at­tri­ti tra due gran­di al­lea­ti del­l’U­nio­ne Eu­ro­pea, tan­to che pare sia stata annulla una riu­nio­ne par­la­men­ta­re con­giun­ta ad ot­to­bre. Così Pa­ri­gi ac­cu­sa Berlino, e nep­pu­re tan­to ti­mi­da­men­te, di com­por­tar­si in modo “poco eu­ro­peo” con i suoi in­gen­ti pac­chet­ti na­zio­na­li di sus­si­di ener­ge­ti­ci per i cit­ta­di­ni e l’in­du­stria, i suoi con­ti­nui ac­cor­di uni­la­te­ra­li con la Cina e il suo in­suf­fi­cien­te so­ste­gno fi­nan­zia­rio e ma­te­ria­le al­l’U­crai­na; .

Gran par­te del­l’at­tua­le at­tri­to fran­co-te­de­sco non sor­pren­de quin­di. Ma c’è an­che un ma­les­se­re più pro­fon­do tra i due pae­si, più pre­oc­cu­pan­te per­ché po­treb­be es­se­re più dif­fi­ci­le da ri­sol­ve­re.
Pri­ma che ini­zias­se l’u­ni­fi­ca­zio­ne eu­ro­pea ne­gli anni ’50, Ger­ma­nia e Fran­cia, ri­va­li da se­co­li alla con­te­sa del con­ti­nen­te, com­bat­te­ro­no tre gran­di guer­re – dal 1870 al 1871, dal 1914 al 1918 e dal 1939 al 1945 – in cui mi­lio­ni di per­so­ne per­se­ro la vita e in cui l’Eu­ro­pa ven­ne di­strut­ta. Que­sto è il mo­ti­vo per cui l’u­ni­fi­ca­zio­ne eu­ro­pea si è con­cen­tra­ta sul­la ge­stio­ne dei con­flit­ti tra que­sti due po­ten­ti pae­si e non, ad esem­pio, su quel­li che coin­vol­go­no il Lus­sem­bur­go o la Da­ni­mar­ca.

Par­te del­la mis­sio­ne del­l’U­nio­ne eu­ro­pea fino ad oggi è ga­ran­ti­re che Fran­cia e Ger­ma­nia con­ti­nui­no a ri­sol­ve­re i loro pro­ble­mi in modo pa­ci­fi­co e di­plo­ma­ti­co. Per 70 anni, Pa­ri­gi e Ber­li­no, con le loro di­ver­se cul­tu­re po­li­ti­che ed eco­no­mi­che, ra­ra­men­te d’ac­cor­do su qual­co­sa, non si sono spa­ra­ti un solo col­po; an­che se nel­l’Eu­ro­pa di oggi si spa­ra con le pa­ro­le, non con le mu­ni­zio­ni.

Il mon­do sta cam­bian­do, co­strin­gen­do an­che l’U­nio­ne Eu­ro­pea a cam­bia­re. L’UE è al mo­men­to in over­dri­ve per aiu­ta­re Pa­ri­gi, Ber­li­no e al­tri a tro­va­re com­pro­mes­si sul­la po­li­ti­ca ener­ge­ti­ca, pro­ble­mi di bi­lan­cio, si­cu­rez­za e al­tre dif­fi­col­tà cau­sa­te dal­la guer­ra in Ucrai­na.

L’e­co­no­mi­sta fran­ce­se Jac­ques At­ta­li, ex con­si­glie­re spe­cia­le del pre­si­den­te Fra­nçois Mit­ter­rand e pri­mo pre­si­den­te del­la Ban­ca eu­ro­pea per la ri­co­stru­zio­ne e lo svi­lup­po, ha re­cen­te­men­te scrit­to che è emer­sa una “dif­fe­ren­za di in­te­res­si stra­te­gi­ci a lun­go ter­mi­ne” tra la Fran­cia e la Ger­ma­nia che, a suo av­vi­so, può es­se­re af­fron­ta­ta solo con un si­gni­fi­ca­ti­vo pas­so avan­ti eu­ro­peo. Tut­ta­via, con la me­mo­ria di­ret­ta del­le guer­re fran­co-te­de­sche che sva­ni­sce, teme che gli at­tua­li lea­der di en­tram­bi i pae­si non se ne ren­da­no con­to a suf­fi­cien­za. Di con­se­guen­za, “la guer­ra tra Fran­cia e Ger­ma­nia di­ven­ta di nuo­vo pos­si­bi­le”.

L’at­tua­le di­ver­gen­za tra Fran­cia e Ger­ma­nia ri­sa­le a una del­le fun­zio­ni fon­da­men­ta­li del­l’U­nio­ne Eu­ro­pea: im­pe­di­re alla Ger­ma­nia di di­ven­ta­re di nuo­vo così do­mi­nan­te in Eu­ro­pa. Fi­no­ra, que­sto è sta­to un cla­mo­ro­so suc­ces­so. Set­tan­t’an­ni dopo l’i­ni­zio del­l’u­ni­fi­ca­zio­ne eu­ro­pea, i te­de­schi sono pro­ba­bil­men­te di­ven­ta­ti i più im­por­tan­ti pa­ci­fi­sti del mon­do.

Il loro eser­ci­to, la Bun­de­swehr, è no­to­ria­men­te sot­to­fi­nan­zia­to. Que­sto spie­ga per­ché Wan­del dur­ch Han­del– “cam­bia­men­to at­tra­ver­so il com­mer­cio”, la stra­te­gia di uti­liz­za­re le re­la­zio­ni com­mer­cia­li per in­dur­re un cam­bia­men­to po­li­ti­co – che è il modo in cui ope­ra l’UE, si adat­ta così bene alla Ger­ma­nia ne­gli ul­ti­mi 70 anni. Nel frat­tem­po la Fran­cia, sem­pre più in­die­tro eco­no­mi­ca­men­te e la cui sta­bi­li­tà fi­nan­zia­ria di­pen­de dal­le ga­ran­zie del­l’eu­ro te­de­sco, as­su­me la lea­der­ship nel­le po­li­ti­che este­re, di si­cu­rez­za e di di­fe­sa del­l’Eu­ro­pa.

Que­sta di­vi­sio­ne del la­vo­ro è an­da­ta bene per en­tram­bi i pae­si, così come per il re­sto dei Pae­si del­l’UE, per mol­ti anni. Fran­cia e Ger­ma­nia si sono com­ple­ta­te a vi­cen­da, con­sen­ten­do a cia­scu­na di con­cen­trar­si su ciò che han­no fat­to me­glio. La Ger­ma­nia po­treb­be igno­ra­re la geo­po­li­ti­ca e con­cen­trar­si in­ve­ce sul com­mer­cio; la Fran­cia, in quan­to uni­ca po­ten­za nu­clea­re del con­ti­nen­te con un eser­ci­to se­rio e un seg­gio al Con­si­glio di si­cu­rez­za del­le Na­zio­ni Uni­te, po­treb­be emanare forza per l’intera UE. Era chia­ro da tem­po, però, che la re­la­zio­ne si era squi­li­bra­ta. In Eu­ro­pa, la Ger­ma­nia spes­so si fa più pic­co­la di quan­to non sia in real­tà, men­tre la Fran­cia ten­de a fare il con­tra­rio.

Dopo l’in­va­sio­ne del­l’U­crai­na da par­te del­la Rus­sia, que­sta di­ver­gen­za di fon­do è im­prov­vi­sa­men­te ve­nu­ta a gal­la nel­la po­li­ti­ca del­l’UE, cau­san­do at­tri­ti per en­tram­be le par­ti.

A cau­sa del­la guer­ra, la Ger­ma­nia ora ha due gran­di grat­ta­ca­pi. In pri­mo luo­go, il suo mo­del­lo di cre­sci­ta è mes­so in pe­ri­co­lo sia dal­le san­zio­ni con­tro la Rus­sia che dal­la bru­sca in­ter­ru­zio­ne del­l’ab­bon­dan­te gas rus­so. Per la pri­ma vol­ta da anni, l’at­to­re eco­no­mi­co cen­tra­le del­l’Eu­ro­pa, da cui di­pen­do­no tan­ti suoi col­le­ghi mem­bri del­l’UE, si ri­tro­va a im­por­ta­re più di quan­to espor­ta . Que­sto è il mo­ti­vo per cui il can­cel­lie­re te­de­sco Olaf Scholz si è così pre­oc­cu­pa­to di di­fen­de­re il suo tan­to cri­ti­ca­to viag­gio in Cina que­sto mese.

Il se­con­do mal di te­sta te­de­sco è il fat­to che non è la Fran­cia a pro­teg­ge­re l’Eu­ro­pa dal­la mi­nac­cia rus­sa, ma la NATO. Al­l’im­prov­vi­so, la Ger­ma­nia si ren­de con­to che l’Eu­ro­pa ha ur­gen­te bi­so­gno di una po­li­ti­ca di si­cu­rez­za e di­fe­sa per la qua­le non può fare af­fi­da­men­to sul­la Fran­cia. Il pre­si­den­te fran­ce­se Em­ma­nuel Ma­cron ha idee in­te­res­san­ti sul­l’” au­to­no­mia stra­te­gi­ca ” del­l’Eu­ro­pa, ma nulla è chiaro su cosa essa si­gni­fi­chi e sot­to la gui­da di chi do­vreb­be pren­de­re for­ma que­sto pro­get­to. Ecco per­ché la nuo­va prio­ri­tà di Scholz è mi­glio­ra­re i rap­por­ti del­la Ger­ma­nia con Wa­shing­ton. Il fat­to che met­ta le sue car­te sul­la so­li­da­rie­tà atlan­ti­ca, pur sa­pen­do che è la Cina, non l’U­crai­na o l’Eu­ro­pa, a te­ne­re dav­ve­ro sve­gli i po­li­ti­ci di Wa­shing­ton, la dice lun­ga. Sen­ten­do­si espo­sto, Ber­li­no cer­ca ri­pa­ro.

La Fran­cia si sen­te snob­ba­ta. L’e­spo­si­zio­ne dei suoi li­mi­ti mi­li­ta­ri è dan­no­sa: come ha scrit­to l’e­di­to­ria­li­sta fran­ce­se Luc de Ba­ro­chez , “è riu­sci­to a ma­la­pe­na a in­via­re di­ciot­to car­ri ar­ma­ti in Ucrai­na”. Di con­se­guen­za, Pa­ri­gi inon­da Ber­li­no di cri­ti­che.

Per­ché Ber­li­no si met­te in pro­prio dopo anni sen­za ri­spon­de­re alle nu­me­ro­se ini­zia­ti­ve eu­ro­pee di Ma­cron?
Per­ché Scholz è an­da­to in Cina da solo?
Per­ché que­st’an­no Ber­li­no ha or­di­na­to ae­rei da com­bat­ti­men­to ame­ri­ca­ni F-35 e non Ra­fa­les fran­ce­si?

Il fat­to che la Ger­ma­nia pren­da im­prov­vi­sa­men­te ini­zia­ti­ve uni­la­te­ra­li sen­za coor­di­na­men­to con la Fran­cia scon­vol­ge il de­li­ca­to equi­li­brio tra Pa­ri­gi e Ber­li­no. “L’at­teg­gia­men­to te­de­sco è egoi­sta, a bre­ve ter­mi­ne e non tie­ne con­to de­gli in­te­res­si del­l’Eu­ro­pa, no­no­stan­te i ri­schi sia­no ben ac­cer­ta­ti” come dichiarato da Phi­lip­pe Le Cor­re lo a Le Mon­de .

In pas­sa­to, i cam­bia­men­ti geo­po­li­ti­ci han­no cau­sa­to an­che pro­fon­de di­ver­gen­ze fran­co-te­de­sche. I lea­der han­no ri­sol­to que­sto pro­ble­ma fa­cen­do un bal­zo in avan­ti ver­so l’in­te­gra­zio­ne eu­ro­pea. Ciò è ac­ca­du­to, ad esem­pio, dopo la ca­du­ta del muro di Ber­li­no nel 1989, quan­do la Ger­ma­nia del­l’E­st e la Ger­ma­nia del­l’O­ve­st si sono riu­ni­te e la Fran­cia si è tro­va­ta im­prov­vi­sa­men­te di fron­te a un part­ner fuo­ri mi­su­ra. I lea­der dei due pae­si, il fran­ce­se Fra­nçois Mit­ter­rand e il te­de­sco Hel­mut Kohl, sono poi riu­sci­ti a con­vin­ce­re gli al­tri 10 Sta­ti mem­bri del­l’UE che era ne­ces­sa­rio un gran­de re­set del pro­get­to eu­ro­peo . Ciò ha por­ta­to, tra l’al­tro, alla crea­zio­ne del­la mo­ne­ta co­mu­ne eu­ro­pea, l’eu­ro.

Al­cu­ni eu­ro­pei, con­sa­pe­vo­li di que­sti svi­lup­pi sto­ri­ci, so­sten­go­no ora un al­tro im­por­tan­te ri­pri­sti­no. At­ta­li, ad esem­pio, sug­ge­ri­sce di af­fron­ta­re la di­ver­gen­za fran­co-te­de­sca eu­ro­peiz­zan­do la di­fe­sa del con­ti­nen­te. L’UE, tut­ta­via, è mol­to più gran­de ora che nel 1989. Re­sta da ve­de­re se Scholz e Ma­cron pos­so­no con­cor­da­re sul­la ne­ces­si­tà di un al­tro nuo­vo gran­de pro­get­to eu­ro­peo e poi con­vin­ce­re i loro 25 col­le­ghi. Ciò che è in­di­scu­ti­bil­men­te vero, tut­ta­via, è che men­tre la Fran­cia e la Ger­ma­nia pos­so­no es­se­re re­la­ti­va­men­te meno po­ten­ti nel­l’Eu­ro­pa di oggi ri­spet­to a pri­ma, sono an­co­ra ab­ba­stan­za do­mi­nan­ti per­ché il re­sto del con­ti­nen­te deb­ba spe­ra­re in buo­ne re­la­zio­ni tra di loro.

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