USA: in guerra anche con la Cina

Nel mondo delle dichiarazioni che seguono l’alternasi delle salite e dei pendii tipici delle montagne russe, prima feroci, poi distensive e poi nuovamente distensive per poi ritornare poco amichevoli, si può tranquillamente affermare che gli Stati Uniti sono giunti ad uno scontro anche con la Cina. Proprio così, l’Amministrazione Democratica di Biden è riuscita ad entrare in conflitto sia con Mosca che con Pechino nello stesso momento, seppure su piani differenti.

La lotta con la Russia ovviamente è indiretta, ma è alquanto ovvia di come costituisca una proxy war per eccellenza, con escalation a fasi alterne ma costantemente violenta. Washington arma gli ucraini di missili intelligenti e intelligence per costringere i russi a ritirarsi dall’Ucraina. Pur non togliendo nulla al coraggio degli ucraini, il sostegno degli Stati Uniti e della NATO hanno svolto un ruolo enorme nei successi sul campo di battaglia dell’Ucraina e, nessuno ad oggi, dopo aver speso decine di miliardi (avete letto bene, miliardi) di dollari nel supporto a Kiev, sa ancora come e quando finirà questa guerra.

Oggi, però, vorrei trattare della lotta alla Cina, che è meno visibile e non comporta escalation di sorta, dato questo scontro viene combattuto principalmente con transistor digitali che passano tra 1 e 0. Anche se “il conflitto” in corso non viene combattuto con carri armati e aerei, l’impatto globale sarà enorme tanto da risultare, forse, anche maggiormente decisivo rispetto a chi ne uscirà vincitore in Ucraina. 

La lotta vede al centro i semiconduttori, la tecnologia fondamentale dell’era dell’informazione. Gli USA in primis, progettano e producono i chip più intelligenti del mondo, hanno le armi di precisione più intelligenti, le fabbriche più intelligenti e gli strumenti di calcolo quantistico più intelligenti per rompere praticamente qualsiasi forma di crittografia, ma la Cina è determinata a recuperare il ritardo e vuole a tutti costi recuperare il divario che già da qualche anno si è di molto assottigliato.

Ad inizio ottobre, l’am­mi­ni­stra­zio­ne Bi­den ha emes­so una nuo­va se­rie re­stri­zio­ni sul­l’e­spor­ta­zio­ne di com­po­nen­ti in­for­ma­ti­co/​di­gi­ta­li che di fat­to sono sta­te un chia­ro mes­sag­gio a Pe­chi­no.

Come di­chia­ra­to il con­su­len­te per la si­cu­rez­za na­zio­na­le Jake Sul­li­van: “Data la na­tu­ra fon­da­men­ta­le di al­cu­ne tec­no­lo­gie, come la lo­gi­ca avan­za­ta e i chip di me­mo­ria, dob­bia­mo man­te­ne­re il più am­pio pos­si­bi­le un van­tag­gio”.

Tra­dot­to in modo meno for­ma­le e più rea­le “La Cina è tre ge­ne­ra­zio­ni tec­no­lo­gi­che die­tro ri­spet­to agli Sta­ti Uni­ti per quan­to ri­guar­da lo­gi­ca, il cal­co­lo, i chip, le com­po­nen­ti e le at­trez­za­tu­re di me­mo­ria, ci as­si­cu­re­re­mo che non si ag­gior­ni mai”.

I nuo­vi re­go­la­men­ti emes­si dal Di­par­ti­men­to del Com­mer­cio del pre­si­den­te Bi­den sono una nuo­va for­mi­da­bi­le bar­rie­ra volta a controllare ­le espor­ta­zio­ni in modo da impedire alla Cina di ac­qui­sta­re i se­mi­con­dut­to­ri più avan­za­ti dal­l’Oc­ci­den­te o le at­trez­za­tu­re per pro­dur­li da soli. Le re­stri­zio­ni im­pe­di­sco­no an­che a qual­sia­si in­ge­gne­re o scien­zia­to sta­tu­ni­ten­se di aiu­ta­re la Cina nel­la pro­du­zio­ne di chip sen­za che sia ap­pro­va­to pre­ven­ti­va­men­te da un per­mes­so spe­cia­le.

I re­go­la­men­ti ri­guar­da­no una nuo­va po­li­ti­ca sui trac­cia­men­ti, per ga­ran­ti­re che, i chip pro­get­ta­ti da­gli Sta­ti Uni­ti ven­du­ti alle so­cie­tà ci­vi­li in Cina, non en­tri­no nel­le mani del­l’e­ser­ci­to ci­ne­se. L’am­mi­ni­stra­zio­ne Bi­den ha an­che ri­pre­so quan­to già fat­to da Do­nald Trump con­tro il grup­po Hua­wei con la “re­go­la del pro­dot­to di­ret­to stra­nie­ro”che im­pe­di­sce a qual­sia­si so­cie­tà sta­tu­ni­ten­se o non sta­tu­ni­ten­se, di for­ni­re hard­ware o soft­ware a spe­ci­fi­che en­ti­tà ci­ne­si (so­cie­tà, fab­bri­che, ecc..) la cui ca­te­na di ap­prov­vi­gio­na­men­to con­tie­ne tec­no­lo­gia.

Da qui na­sce lo scon­tro con Pe­chi­no. Gli Sta­ti Uni­ti han­no es­sen­zial­men­te di­chia­ra­to guer­ra alla ca­pa­ci­tà del­la Cina di far pro­gre­di­re la tec­no­lo­gia cinese e l’u­so del cal­co­lo ad alte pre­sta­zio­ni da par­te del­la tec­no­lo­gia quan­ti­sti­ca, pra­ti­ca­men­te ogni pos­si­bi­li­tà di svi­lup­po nel­l’in­no­va­zio­ne tec­no­lo­gi­ca.

Se si nega alla Cina l’ac­ces­so alle ul­ti­me tec­no­lo­gie avan­za­te – eli­mi­nan­do qual­sia­si spe­ran­za di col­la­bo­ra­zio­ni win-win con Pe­chi­no – che tipo di mon­do avre­mo? 

La Cina fonde vive un’enorme zona grigia dove lo sviluppo tecnologico è già fuso tra società civile e militare, recintare Pechino e bloccare tutte le possibili catene di approvvigionamento non farà altro che fare diventare ancora più velocemente la Cina autosufficiente nelle tecnologie più avanzate.

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