LIMONOV E IL RITRATTO DELL’URSS

Qualche settimana fa mentre passeggiavo su e giù per un anonimo ipermercato mi è capitato di andare a curiosare nel reparto libri, dove in mezzo ad un mucchio di opere più o meno conosciute, ne ho trovato uno mai visto da nessun’altra parte. 

Lo prendo e leggo la quarta di copertina. La descrizione non mi entusiasma più tanto, quindi dopo averlo scrutato più del dovuto lo metto giù e mi riprometto di cercare qualche informazione una volta tornato a casa.

Come ogni persona che vive la contemporaneità, nei giorni successivi, mi trovo e ritrovo sempre in quell’ipermercate, e come sempre accade mi trovo nuovamente a passare davanti a quel reparto, ritrovando nuovamente quel libro dal titolo così anonimo ma accattivante allo stesso tempo. 

Me la prendo con me stesso perchè le ricerche che mi ero ripromesso di portare a termine, ricerche che posso fare anche con un semplice smartphone, mi erano passate di mente. 

Indeciso guardo il prezzo, sfoglio qualche pagina e leggo qualche riga.

Mi decido. Alla fine nel carrello mi ritrovo roba che costa di più ed è sicuramente meno utile di una piacevole lettura.

Torno a casa e dopo cena mi metto comodo sul divano. 

Soprendentemente dopo pochissime pagine quanto leggo mi prende più del dovuto e nei successivi tre giorni non faccio che leggerlo, finendolo a tempo di record.

Ovviamente lo scopo di questo post non è recensire la biografia che Carrère ha scritto sul controverso autore russo, anche perchè l’elemento biografico per quanto elemento dominante della narrazione non è l’elemento principale. 

Infatti, dalla storia di Limonov il lettore percepisce il pensiero dominante, senza alcuna censura, che la società sovietica ha avuto per tutto il secondo dopo guerra fino al suo collasso.

Ad esempio si capisce che Gorbacev, mitizzato in Occidente, viene detestato in patria dalla gran parte dei cittadini sovietici.

Si intuisce che durante le guerre Jugoslave degli anni ’90 del 900, per quanto la politica estera russa disapprovasse le azioni serbe, il pensiero social-popolare degli ex abitanti delle Republiche Socialiste Sovietiche, supportassero le azioni di Belgrado. 

L’autore ci spiega le idee di Limonov (che ha partecipato al conflitto nelle fila serbe con le Tigri di Arkam) , e anche di gran parte dei suoi connazionali,  circa la ragione profonda per cui si può dubitare del punto di vista dominante che vede i serbi sul banco degli imputati, spiegandoci che in uno stato indipendente croato sarebbero diventati una minoranza vessata, come infatti è stato. 

Le vicende di Limonov in america sembrano quelle di un Bukowski, ma notevole è lo spaccato dell’ultima fase sovietica a Charkov, seconda città dell’Ucraina, e poi il caos russo dopo la caduta del comunismo, in cui sperava di emergere come figura politia ed invece Limonov si è affermato come scrittore di alto livello. 

Consiglio il libro a chiunque voglia conoscere un vero spaccato della vita sovietica, dato che si colloca a metà strada tra le opinioni dei dissidenti, supportate dagli occidentali, che vedevano nell’URSS l’impero del male, e i nostalgici della seconda super potenza al mondo. 

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