
L’Europa terrà le luci accese in inverno?
La guerra energetica dell’Europa nei confronti della Russia sta diventando totale ma forse, purtroppo, anche controproducente, fallace ed autolesionista. Avendo già vietato o promesso di vietare le importazioni di petrolio russo, i leader del dei Paesi del g7, così come hanno dichiarato lo scorso 28 giugno, si prepareranno ad un inverno che si prospetta a dir poco problematico.
La Gran Bretagna ha lasciato intendere che riformerà il suo mercato interno dell’energia per frenare l’influenza dal gas naturale russo; questo processo non avrà tempi ridotti e neppure costi contenuti mentre le utility francesi hanno invitato i consumatori a ridurre “immediatamente il consumo di energia”. Uno degli obiettivi di tali manovre è privare la Russia delle entrate tanto necessarie per potere proseguire la guerra in Ucraina, anche se un altro obiettivo altrettanto fondamentale è cercare di scongiurare la crisi energetica che incombe sull’Europa.
Solo un mese fa sembrava che una crisi potesse essere evitata. Nonostante gli USA abbiano aumentato le esportazioni di gas naturale liquefatto (ING), portando le importazioni totali di gas in Europa dal 6% a settembre 2021 al 15% a maggio 2022, la quota di gas importata da oltre oceani, di cui il continente europeo ha bisogno per essere totalmente indipendente dalla Russia, rimane ancora molto lontana. Nonostante la Russia la scorsa primavera abbia chiuso i rubinetti a Bulgaria, Finlandia e Polonia dopo essersi rifiutati di pagare in rubli, lo scenario non appariva drammatico, dato che Washington si era fatta garante per sostituire le importazioni di gas.
Come spesso accade in queste situazioni, nessuno tiene in contro gli imprevisti che condizionano gli eventi della storia, e così si sono verificati due avvenimenti di non poca importanza. L’8 giugno un incendio ha chiuso un impianto di liquefazione di gas della Freeport in Texas. L’interruzione, che dovrebbe durare 90 giorni, ha privato l’Europa di una fornitura di gas pari al 2,5%; poi, una settimana dopo, Gazprom, gigante energetico russo, ha affermato che la fornitura all’Europa attraverso il gasdotto Nord Stream 1 sarebbe scesa al 40% della capacità a causa del ritardo nel ritorno di una turbina in manutenzione in Canada (Gazprom incolpa le sanzioni). Ciò ha tolto un altro 7,5% sull’offerta dell’Europa.
Ci sono poche altre alternative a questa situazione. I terminali ING già lavorano a pieno ritmo, poco può fluire attraverso oleodotti dall’Algeria, dall’Azerbaigian e dalla Norvegia e riavviare un giacimento di gas olandese situato a Groningen, che una volta forniva tanto quanto il Nord Stream, sembra quanto mai impossibile.
Il risultato, calcola Rystad Energy, una società di consulenza, è che gli impianti di stoccaggio del gas dell’UE saranno pieni di due terzi entro la fine di ottobre, al di sotto dell’obiettivo del blocco di quattro quinti. C’è persino il timore che Nord Stream, se non dovesse ritornare regolarmente in servizio per fine luglio, possa fare raggiungere livelli di stoccaggio minimi sulla soglie del 60% di gas.
Ciò solleva interrogativi sulla capacità del continente di stare al caldo quest’inverno.
Inoltre, la produzione di energia a gas è diventata la fonte principale di approvvigionamento elettrico nell’Europa occidentale, il che implica che il suo costo è ciò che fissa i prezzi dell’energia in tutta la regione. L’anno scorso questo è stato in parte dovuto al fatto che la produzione di energia rinnovabile è stata ostacolata dalla siccità (e quindi dai fiumi deboli) e dai venti non sufficientemente forti.
Inoltre i reattori nucleari in Francia richiedono manutenzione e funzionano a meno della metà della loro capacità. Ciò sta prosciugando l’alimentazione elettrica dell’Europa, proprio come un’ondata di caldo nel sud sta aumentando la domanda di raffreddamento. I prezzi dell’energia spot della Francia erano in media di 197 euro (206 dollari) per megawattora a maggio, rispetto ai 15 euro di un anno fa.
La situazione inizia ad essere preoccupante, anche in virtù del fatto che la Francia, un tempo il più grande esportatore di energia elettrica della regione, ora sta acquistando elettricità dai suoi vicini. Il gas all’ingrosso è ora più caro in Germania e nell’Europa orientale, a causa della riduzione dell’offerta attraverso Nord Stream . Ciò incentiverà i flussi dalla Gran Bretagna e dalla Spagna, che hanno terminali ING, ma questo non aumenterà l’offerta aggregata di carburante ed energia. E ci sono segni che, in una crisi, l’unità tra i Paesi europei potrebbe essere messa in crisi, potrebbe sfilacciarsi. Il 29 giugno è emerso che uno dei primi passi della Gran Bretagna in caso di emergenza sarebbe stato quello di tagliare il gas all’Europa continentale.
I paesi dell’UE si stanno quindi affrettando a trovare alternative al gas. La Germania ha invertito i piani per ritirare più di un quinto delle sue centrali elettriche a carbone quest’anno. Austria, Gran Bretagna, Francia e Paesi Bassi hanno dichiarato che potrebbero ritardare la chiusura delle centrali a carbone o riaprire.
Alcune delle sette centrali nucleari europee che dovrebbero essere chiuse entro la fine dell’inverno potrebbero anche essere mantenute in funzione un po’ più a lungo. Eppure, anche se tutto questo viene fatto, il gas probabilmente continuerà a fissare i prezzi dell’elettricità. Un contratto futures per l’energia “baseload” (cioè non rinnovabile) tedesca a dicembre è attualmente scambiato al 25% rispetto ai costi di generazione di energia a gas, suggerendo che il mercato sta valutando una stretta di gas, più un premio.
Una persistente carenza di offerta significa che la domanda dovrà adattarsi. I prezzi elevati potrebbero fare parte del gioco. Questo implicherebbe un necessario ed imposto razionamento alle società affamate di gas e di energia, come i produttori di fertilizzanti, vetro e acciaio. Quanto siano drastici quei cordoli e se finiranno per essere estesi alle famiglie, dipenderà a sua volta da due wild card: le temperature invernali nel continente e la misura in cui la Cina si riprende dai blocchi del covid-19 e assorbe più ING. L’Europa è stata finora sfortunata nella sua guerra energetica con la Russia.