La fine del dominio occidentale?

L’attuale crisi energetica, se non debitamente risolta, non porterà solo ad un’altra depressione economica, ma potrebbe essere la fine di quel dominio globale occidentale che impera su tutto il globo già dal 1760, ovvero all’indomani della prima rivoluzione industriale. Diamo tutti per scontato il “dominio del pensiero occidentale” sulle altre nazioni (economico, politico e militare) come se fosse un fattore endemico dell’evoluzione umana; ma dovremmo ricordarci che, nonostante 250 anni siano un periodo relativamente lungo se paragonato alle singole vite delle persone, questo lasso di tempo, corrisponde alla storia dell’umanità come pochi minuti lo sono nell’arco di un’intera giornata.

Con la crisi energetica potremmo essere destinati a diventare vittime inconsapevoli della massima che si impara fin da bambini sui banchi di scuola: “la storia è ciclica”. Così come avvenuto in passato, potremmo assistere al crollo dell’Europa. Siamo un continente composto da nazioni che non presentano grandi giacimenti di materie prime sul proprio continente e che hanno specializzato le loro economie prevalentemente su prodotti industriali e manifatturieri che però, risultano totalmente inutilizzabili se non si ha più accesso all’energia sufficiente per mantenere competitivo l’intero ciclo produttivo. 

In qualsiasi modo finisca questa guerra, sia che la Russia vinca o perda, sappiamo per certo che il flusso di gas a buon mercato non ritornerà più come prima; sopratutto dopo il sabotaggio del gasdotto sul Baltico. Purtroppo, oggi, l’Europa non può più tornare indietro. Con un accesso insufficiente all’energia, il prezzo degli idrocarburi registrerà un crescente e sostanzioso aumento per gli anni a venire.

L’industria europea, per la quale l’energia è un fattore chiave, diventerà poco competitiva. Se i produttori europei vogliono continuare a fare affari saranno costretti ad aumentare i prezzi dei loro prodotti, ma questo renderà il mercato europeo poco competitivo rispetto a quelli stranieri, ad esempio americano o cinese, in quanto quest’ultimi non soffriranno di carenza di energia. 

Questo farà fallire i produttori europei e l’intera filiera ad essi connessa, creando un’emorragia di posti di lavoro che a sua volta inciderà sugli ammortizzatori sociali e sul welfare degli Stati andando ad aggravare le finanze statali dei singoli Paesi europei.

Qualcuno potrebbe obiettare che al mercato Europeo sono legate anche altre economie mondiali. Prendiamo ad esempio i BRICS. Non è detto che gli Stati che fanno parte del blocco potrebbero soffrire del “contagio” della crisi industriale europea. I motivi sono molteplici, tra questi bisogna chiarire prima di tutto che i I BRICS non hanno gli stessi problemi di debito pubblico,  non si trovano di fronte a un imminente collasso industriale dovuto a prezzi energetici troppo alti e poi le proiezioni danno un ampio margine di crescita per il futuro per i Paesi BRICS.

Dovremmo iniziare seriamente a riflettere se le decisioni prese che hanno portato alla grande guerra energetica europea del 2022 passeranno probabilmente alla storia come alcuni dei più grandi errori di calcolo economico e geopolitico nella storia dell’umanità.

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