La Cina e lo scontro nel Mar Meridionale cinese

La spinta della Cina ad aumentare la sua influenza nel Pacifico meridionale ha fatto suonare i campanelli d’allarme nelle principali potenze occidentali e ha fatto rivivere ricordi scomodi di eventi bellici avvenuti nella regione che sono stati strategicamente importanti durante la seconda guerra mondiale. A quel tempo fu l’avanzata verso sud del Giappone che alimentava apprensione e incertezza nei governi di tutto il mondo. Ora, i parallelismi con la crescente assertività della Cina moderna stanno spaventando paesi tra cui Stati Uniti e Australia.

Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi il 4 giugno ha concluso un tour in sette nazioni insulari del Pacifico meridionale e Timor Est. Durante la sua visita di 10 giorni, Wang ha promesso aiuti economici a diversi paesi e ha ospitato una riunione online dei ministri degli esteri della regione. Il viaggio di Wang sembrava sottolineare il desiderio della Cina di rendere il Pacifico meridionale parte della sua sfera di influenza, soprattutto perché includeva una proposta di raggiungere un accordo importante, strategico militare/commerciale con 10 paesi dell’area.

Anche se l’accordo non è stato firmato durante la visita, una bozza trapelata ha suscitato preoccupazione tra i responsabili politici occidentali in quanto ha mostrato che la Cina spinge per aiutare i paesi del Pacifico meridionale a costruire forze di polizia, governance digitale e sistemi di sicurezza informatica strutturate in maniera del tutto uguale a quelli che utilizza Pechino. Questo perchè la Cina vuole creare una serie di stati che abbiano la stessa struttura di polizia e di controllo, nata sotto i finanziamenti del Partito Comunista cinese, in modo da potere controllare le attuali èlite al potere nei rispettivi Paesi e sedare ogni possibile ed eventuale forma di rivolta.

Gli sforzi iniziali della Cina nel Pacifico meridionale miravano a persuadere qualsiasi nazione con legami diplomatici formali con Taiwan a recidere tali collegamenti; strategia che in parte è andata a buon fine, ad esempio le Isole Salomone e Kiribati nel 2019 hanno interrotto le relazioni con Taiwan e stabilito legami diplomatici con Pechino. Questo perchè la Cina ha anche ampliato la sua presenza economica nel Pacifico meridionale con sontuosi aiuti a stati terzi finalizzati alla futura costruzioni di basi militari in quest’ultimi.

Tale sospetto è stato rafforzato da un patto di sicurezza firmato dalla Cina con le Isole Salomone ad aprile. Il contenuto dell’accordo rimane segreto ma molto probabilmente è volto ad una cooperazione militare di alto livello tra i due paesi. Alcuni temono che il patto consentirà a Pechino di inviare truppe nella nazione insulare e utilizzare i suoi porti per azioni navali.

Gli esperti ritengono che l’obiettivo a medio termine della Cina sia quello di bloccare l’intervento militare degli Stati Uniti nelle aree dietro la cosiddetta terza catena di isole, che inizia dalle Isole Aleutine e corre a sud attraverso il centro dell’Oceano Pacifico verso l’Oceania. Costruire basi nel Pacifico meridionale, che si trova a cavallo della seconda e della terza catena insulare, aiuterebbe la Cina a creare “portaerei inaffondabili” in alto mare.

La vicina Australia è particolarmente preoccupata. La Cina sta chiaramente cercando di usare i suoi punti d’appoggio sulle isole del Pacifico meridionale per scopi militari, rendendo l’avanzata di Pechino qualora non venisse subito bloccata, ma questo significherebbe cercare uno scontro militare da parte degli USA e degli alleati nella regione.

Il Pacifico meridionale non è estraneo alle liti tra potenze straniere

Durante la prima guerra mondiale, il Giappone occupò una colonia tedesca nelle isole micronesiane, che comprendeva le Marianne e le Isole Marshall. Il Giappone ha preso il controllo formale lì nel 1920 dopo che la Società delle Nazioni gli ha dato un mandato.

All’inizio, il Giappone si è concentrato sulla costruzione di infrastrutture come porti e aeroporti su quelle isole come progetti finanziati dal settore privato. Tuttavia, alla fine degli anni ’30, ha accelerato la costruzione di basi militari in loco. Quando il Giappone entrò in guerra con gli Stati Uniti nel dicembre 1941, i suoi militari avevano costruito circa 10 basi di terra nella regione. In questo modo, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel Pacifico, l’esercito giapponese usò le sue basi nella regione per invadere e occupare il principale avamposto navale americano di Guam e di altri luoghi. Nel 1942, prese il controllo di Rabaul, l’allora capitale del Territorio Mandato Australiano della Nuova Guinea, trasformandola in una grande installazione navale e aerea giapponese. Il Giappone si è poi mosso per occupare Guadalcanal nelle Isole Salomone per tagliare le linee di comunicazione marittime tra Stati Uniti e Australia.

Sia per gli Stati Uniti che per l’Australia, l’espansione della Cina nel Pacifico meridionale evoca immagini di sanguinosi conflitti durante quella guerra, soltanto che la Cina è un attore ancora più pericoloso, dato che è una tra le prime due economie mondiali e insieme alla strategia militare unisce, utilizzando uno schema tipicamente occidentale, la diplomazia dello Yuan per rendersi apparire benevola alle nazioni con cui intende intessere rapporti militari.

Per questo motivo il governo di Pechino, già a partire dagli anni ’80, ha iniziato una seria ricerca sulle guerre che da inizio ‘900 ad oggi hanno interessato l’area del Mar Meridionale Cinese. In particolare modo ha posto maggiore attenzione sugli scontri avvenuti nel Pacifico durante il corso della seconda guerra mondiale, principalmente su fattori ed eventi che hanno portato all’attacco di Pearl Harbor e ad alcune battaglie ben specifiche, tra cui la battaglia delle Midway; questo serve a Pechino, in caso di un eventuale scontro, a non ripetere gli stessi errori commessi dai giapponesi.

Date le crescenti tensioni tra Washington e Pechino nel Mar Cinese Meridionale e nello Stretto di Taiwan, sarebbe estremamente pericoloso se la Cina guadasse più in profondità nelle acque rischiose del Pacifico meridionale senza comprendere il senso di terrore che le sue azioni probabilmente spingeranno tra le potenze occidentali. La domanda chiave è: “Fino a che punto la Cina è consapevole del senso di allarme che potrebbe scatenare negli Stati Uniti e nell’Australia, nazioni che non hanno dimenticato le difficoltà e le sofferenze che hanno sopportato durante la seconda guerra mondiale con il Giappone?”

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