Mondiali Qatar2022 e geopolitica

La politica utilizza lo sport come mezzo per i propri scopi almeno da 2000 anni: “Panem et circenses”. Oggi utilizziamo un concetto più sofisticato “Sportswashing”; termine usato per descrivere la pratica di individui, gruppi, società o governi che usano lo sport per migliorare la reputazione offuscata da illeciti. Il lavaggio sportivo può essere realizzato ospitando eventi sportivi, acquistando o sponsorizzando squadre sportive o partecipando a uno sport. 

I casi emblematici sono quelli delle olimpiadi nella Germania nazista e i mondiali argentini targati dalla dittatura di Videla. Qualcuno vede un’operazione di Sportwashing anche per Qatar2022. Un evento di portata planetaria come i mondiali FiFA sono una vetrina troppo appetibile per lasciarsela scappare. 

Cosa è stata disposta a fare Doha per ospitare la rassegna calcistica?

Al quotidiano svizzero Tages Anzeiger, Sepp Blatter, ex Presidente della FIFA, definisce l’assegnazione come un vero errore spiegando che: “Una settimana prima del Congresso FIFA 2010, Michel Platini mi ha chiamato per dirmi che il nostro piano di dare i Mondiali prima alla Russia (2018) e poi agli USA (2022) non avrebbe funzionato. Era stato invitato al palazzo del presidente Sarkozy che aveva appena pranzato con il principe ereditario del Qatar.”

Così grazie ai quattro voti di Platini in senso al Comitato Esecutivo FiFA, la Coppa del Mondo è andata al Qatar piuttosto che agli Stati Uniti. Ma perché Sakozy, presidente francese, si sarebbe interessato con tale veemenza alla coppa del mondo di una disciplina sportiva? Motivazioni geopolitiche ed economiche. 

Innanzitutto, dopo la votazione dell’ex stella del campionato francese, un fondo immobiliare del Qatar ha comprato il PSG – iniettando importanti capitali al suo interno. Un broadcaster qatariota ha comprato i diritti televisivi del campionato francesepee una cifra astronomica e non in linea con la modesta Ligue1 e trattando tematiche più serie il Qatar ha comprato da Parigi numerosi Airbus per voli civili ma anche aerei da combattimento Made in France per 14,6 miliardi di dollari” .

Solamente 4 voti e 1 mese di torneo in cambio di tutto questo pacchetto deve avere fatto gola al presidente Sarkozy. Peccato per i 6500 morti sul lavoro in soli 10 anni – dovuti a ritmi di lavoro paragonabili alla schiavitù – a cui nessuno darà voce. La Coppa del Mondo in Qatar potrebbe essere importante non solo per le gerarchie del calcio, come abbiamo appena avuto modo di leggere, ma anche per chi volesse utilizzare la manifestazione per mandare un messaggio politico importante.

Parlando adesso, in termini meramente calcistici, a mio avviso, arriveranno in fondo al torneo – se non addirittura in finale – delle selezioni che oggi definiremmo outsider. Sudamericane e africane in testa, seguite dalle nordamericane e forse, con meno probabilità, qualche squadra mediorientale. Fuori dai grandi giochi finali vedo le europee.

Analizziamo i fatti

I giocatori che giocano nei campionati di prima fascia europei (ad esclusione della Premier League che segue un tipo diverso di preparazione) arrivano stremati ed esausti da un calendario che li vede giocare tra campionato, partite in coppe europee, coppe nazionali e impegni con le nazionali, almeno 2 volte a settimana fin da metà agosto. A conferma di ciò, Benzema è l’ultimo di una lista di infortunati eccellenti. 

I nazionali che giocano nel campionato inglese sono indubbiamente avvantaggiati, dati gli alti ritmi della premier, in questo periodo della stagione, chi proviene da lì si trova in piena forma fisica (motivo per cui nella nazionale inglese ad oggi ci sono pochissimi infortunati). La maggior parte dei non europei nei campionati del Regno Unito sono appunto africani e asiatici. 

Inoltre, la Coppa d’Africa si gioca a gennaio, da ciò ne deriva che queste compagini sono maggiormente abituate a fare uno “switch” nel mezzo della stagione corrente. Le asiatiche e le sudamericane e le nazionali nordamericane hanno calendari differenti dai campionati europei e forse sono maggiormente pronte a competere in questo periodo dell’anno anziché in estate. 

La non vittoria del mondiale da parte di una squadra europea e neppure di Argentina e Brasile, potrebbe essere veicolata politicamente con il messaggio che, anche il pallone sta diventando multipolare, declassando quell’elitè che ad esclusione di Uruguay, Argentina e Brasile è sempre appartenuta al Vecchio Continente. Se ciò avenisse pure nella cornice qatariota, potremmo assistere alla tentazione di qualcuno di mandare un messaggio politico importante: il declino dell’Occidente è anche sportivo.

Ma questo però non fermerà le polemiche che potrebbero trascinarsi anche dopo la fine della competizione, che seppure giuste, definisco inutili. Si è deciso di andare a giocare in Paese dove si hanno evidenti problemi di democraticità (se comparati al modello occidentale)? Bene, adesso è troppo tardi per le polemiche. Anche perché se dovessimo guardare la vicenda dal punto di vista solamente giuridico, avremmo un ragionamento simile a questo.

Se i mondiali fossero in USA e indossassi una fascia che incita a a bere prima dei 21 anni, commetterei un reato.

Se i mondiali fossero in Francia e indossassi una fascia che dice che la lingua ufficiale non è il francese, commetterei un reato (Lingua ufficiale della Repubblica è il francese. L’emblema nazionale è la bandiera tricolore, blu, bianca e rossa art.2 Costituzione francese) 

Se i mondiali fossero in Spagna e indossassi una fascia che incita alla secessione basca o catalana, commetterei un reato (La Costituzione spagnola si basa sulla indissolubile unità della Nazione spagnola, patria comune e indivisibile di tutti gli spagnoli)

Perché scrivo questo? 

Perché sono d’accordo con l’ambasciatore qatariota dei Mondiali, Khalid Salman, che ha definito l’omosessualità come “un danno mentale”? Assolutamente no. 

Credo però, che non posss essere una singola competizione sportiva a colmare il divario che certi Paesi hanno con i principi democratici fondamentali. Non si può pensare che essendoci i mondiali di calcio – evento sportivo più in vista al mondo – allora la nazione ospitante deciderà automaticamente di rinnegare i propri principi, per quanto sbagliati possano essere.

Ovviamente da persona cresciuta in una democrazia occidentale, mi indigno nel sapere che le donne non sono ammesse negli stadi, ma mi indigno in egual maniera nel sapere che la FIFA ha avallato tale situazione tacendo per quasi 10 anni senza supportare alcuna politica di inclusione. 

Posso sperare che certi Paesi compiano, per il bene principale dei loro cittadini, quanto prima i passi fondamentali per divenire una democrazia, ma non posso neppure pretendere che certi passi vengano imposti saltando le tappe fondamentali che ogni stato nazione deve compiere.  Qualcuno ha scelto i mondiali in Qatar e tutti sono lì per vincere, nessuno si è tirato indietro in segno di protesta a parte qualche timido tentativo.

Le uniche rimostranze, infatti, che si sono verificate sono sempre apparse molto futili. Di recente è toccato al presidente della federazione calcistica tedesca (DFB), Bernd Neuendorf, parlare di politica e calcio alla vigilia del mondiale. Neuendorf ha criticato la FIFA di “voler chiudere un occhio” circa l’evidente violazione dei diritti umani e la politica repressive che persiste ancora oggi nel Paese ospitante la rassegna iridata. Come sappiamo non saranno ammesse bandiere arcobaleno e/o riferimenti alle tematiche LGBT, fortemente criticate dall’organizzazione qatariota. 

Per questo motivo, Bernd Neuendorf ha dichiarato di essere anche pronto a pagare di tasca propria le multe che qualora dovesse prendere dalla FIFA il capitano tedesco Manuel Neuer, reo di volersi ostinare ad indossare il bracciale One Love multicolore durante la Coppa del Mondo. Neuer sarebbe il solo, anche molti altri capitani di squadre nazionali provenienti dall’Europa prevedono di indossare un bracciale One Love multicolore al torneo per sostenere la diversità.

Il problema di questa storia è che rischia di ridicolizzare una battaglia politica ed ideologica molto importante, perchè se è vero che il calcio attualmente è il principale palcoscenico sportivo mondiale dove potere veicolare facilmente certi messaggi, è anche vero che ad esclusione di Nord America, Europa, Australia e qualche Paese asiatico, il concetto di non rispetto delle minoranze, delle diversità e anche di violazione dei diritti umani, non domina nel dibattito pubblico dei restanti paesi del globo, che ad oggi costituiscono la maggioranza della popolazione mondiale.

Sarebbe questo un buon motivo allora per non parlarne? 

No, assolutamente; ma adesso, forse, è semplicemente inutile. Non è forse troppo tardi accendere le polemiche ad una settimana dall’inizio del mondiale, quando si sono avuti 10 anni a disposizione per potere boicottare l’intera manifestazione? E non è forse altrettanto sbagliato partecipare ad un evento dove non si condividono minimamente le idee chi lo ospita?

Stiamo rischiando di cadere nell’errore delle olimpiadi naziste del ’36. Quante volte, vedendo le immagini in bianco e nero, abbiamo pensato “Ma perchè non sono state boicottate?” Oggi stiamo riproponendo lo stesso controsenso; come se venissi invitato a cena a casa di un malavitoso e una volta consumato un pasto delizioso, con la pancia piena, mi alzassi dicendo che non lo ringrazierò perché disapprovo le azioni che compie.

L’unico modo vero e sensato di protestare non è un braccialetto colorato, ma ritirare la squadra, fare giocare formazioni giovanili e rendere la competizione una farsa, in modo da fare bruciare soldi agli sponsor e fare crollare i diritti TV. Ma vincere piace a tutti e il resto è ipocrisia.

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