
La sociologia ai tempi dei Virus
Il Primato Nazionale Online riporta la testimonianza di un sociologo francese che attualmente vive in Cina, tale Pascal Dupont – il quale analizza quanto sta accadendo alla società cinese colpita dal CoronaVirus:
“Sin dall’inizio ufficiale della crisi sanitaria in Cina, la popolazione è stata invitata a non avere più alcuna interazione sociale; in effetti, la salute non poteva che passare attraverso l’arresto della formula produttivo-consumista dal momento che l’esistenza moderna è basata su attività di produzione e scambi mercantili. Al di fuori del lavoro e del mondo degli affari, infatti, le persone avevano già da tempo smesso di frequentarsi. Oggi, la maggior parte dei ristoranti sono chiusi, così come i parchi, i supermercati, i cinema, le chiese, i templi…
Indubbiamente la frase che colpisce di più è “le persone avevano già da tempo smesso di frequentarsi“, perchè la tristizza che si nasconde dietro questa verità assoluta è immensa.
Viviamo in una società che ci impone di pagare per uno stile di vita agiato, che ci vincola a determinati standard di consumo e che ci colloca al centro di una spirale di stereotipi culturali che se non adeguatamente soddisfatti rischiano di lasciare l’individuo ai margini della società in cui vive.
E come non si rimane emarginati nelle società contemporanee? Semplice, si deve ottenere il pass per entrare a far parte delle elitè delle urbanizzate; pass che si ottiene con lo sfoggio di un lavoro invasivo e persistente nella vita di ognuno di noi o con l’ostentazione di oggetti “feticci” che rappresentano il fulcro della società post-moderna. Tali oggetti devono essere ottenuti anch’essi con il duro lavoro e con ore di privazioni da quelle libertà naturali che ognuno di noi avrebbe diritto a concedersi per poter ristabilire il proprio equilibrio interno.
In definitiva si lavora per consumare e una volta finito di passa al prossimo consumo che verrà soddisfatto solamente con il lavoro.
Come sostiene Pascal Dupont il virus passerà, non sarà eterno ma rivedremo le persone ritornare a consumare come se niente fosse, riprendendo la loro vita di robot, dimenticandosi loro esperienza di clausura forzata che li ha portati però ad una riscoperta dei valori socio-comunitari della prima società apparsa al mondo, ovvero la famiglia, tramite la riscoperta della stessa vita familiare, con attività collettive gratuite, lettura, musica, compiti e giochi oppure ritorneranno ad essere un esercito di utili individui del consumismo globalizzante?
Il virus avrà forse inoculato un po’ di senso o non sarà altro che un dato aleatorio e provvisorio nella folle corsa alla crescita economica infinita?