La schiavitù è colpa dell’uomo bianco? No, lo dice la storia che vogliono cancellare

In questi giorni abbiamo visto che esiste un odio segreto ma diffuso nei confronti dell’uomo bianco moderno, accusato tuttora di essere razzista, colonizzatore e violento. Le immagini che vengono da Bruxelles, così come dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna ci inducono a fare una profonda riflessione. Il processo di integrazione ha funzionato? Credo di no. Ma il punto non è questo, il punto focale che accomuna le proteste in ogni parte del mondo è che l’uomo bianco viene additato come unico essere nella storia, ad avere posto i suoi simili in uno stato di schiavitù. Per sconfessare questa visione quanto mai barbara e priva di riferimenti empirici, basta fare qualche piccola ricerca.

Qualche mese fa leggevo un libro di un famoso storico messicano, il quale diceva che l’uomo bianco aveva avuto un comportamento deprecabile con gli Indios, ma specificava che prima del suo arrivo però, gli Indios non vivessero in un clima da “comune anni ’70” tutto pace e amore. La normalità per le popolazioni vinte erano: cuori strappati da persone ancora vive, bambini mutilati, gente che giocava a calcio con la testa dei nemici e la lista delle molte altre efferate violenze commesse contro donne e bambini, commesse da parte dei nativi americani, potrebbe essere ancora molto lunga. La ferocia dei Maya del resto è risaputa, basta guardare un film come Apocalipto o leggere qualche libro di storia che non sia un manuale di quinta elementare. Purtroppo però stiamo vivendo un nuovo periodo oscurantista, dove l’ignorante detta legge sulla massa ergendosi a moderno Savonarola, facendo apparire l’uomo “bianco” come l’unico cattivo della storia, come unico capro espiatorio dei mali che hanno attanagliato il mondo.

Per chi parla di schiavitù poi, vorrei ricordare che i primi schiavisti stavano proprio in Africa e non mi riferisco a chi vendeva i propri compagni di villaggio agli schiavisti occidentali. Infatti, la schiavitù in Africa fino al 1800 era più che normale, tanto che nella maggioranza delle culture africane degli ultimi due millenni vi era poca differenza fra diritti, doveri e stile di vita di persone libere e schiavi. Tanto che fra il XIV e il XX secolo, per esempio, quasi un terzo della popolazione del Senegambia viveva in schiavitù. Lo stesso accadeva negli imperi del Ghana, Mali, Bamana e Songhai.

Nel regno Songhai ad esempio non vi era una differenza pratica tra schiavi e contadini vassalli; invece in Etiopia, gli schiavi erano solitamente impiegati nelle case, per i lavori domestici, e non nei processi produttivi. Dalla famiglia che li possedeva ricevevano cibo , protezione e vestiario composto da una tunica scura e da un paio di sandali fatti di cuoio e sughero. In questo stato però gli schiavi erano soggetti ad una rigida disciplina e se ribelli o disobbedienti venivano incatenati barbaramente e chiusi in umide prigioni per mesi dove spesso morivano a causa delle malattie infettive oppure da dissanguamento causato dalle ferite aperte dalle cavigliere.L’imperatore Teodoro II (1855-1868) sancì la fine dello schiavismo all’interno dell’impero, anche se di fatto la pratica rimase legale sino al 1923 dove vi erano allora due milioni di schiavi su una popolazione stimata di otto milioni di persone; solo le forze di occupazione coloniale italiane ordinarono la fine della schiavitù in tutto il paese.

Il discorso sulla schiavitù non bianca potrebbe essere molto lungo e articolato, anche perchè si potrebbe parlare della schiavitù islamica. Fra il IX e il X secolo, con la caduta dei regni cristiani della Nubia e l’acquisizione del controllo della rotta dell’Oceano Indiano, gli arabi furono in condizione di dare vita a un fiorente commercio di schiavi dall’Africa attraverso l’Oceano Indiano, verso il Vicino Oriente e l’India. In questo caso, gli schiavi provenivano principalmente dalla costa orientale dell’Africa. Sebbene non esistano documenti che permettano una stima accurata, si ritiene che almeno 17 milioni di schiavi abbiano attraversato il Mar Rosso, l’Oceano Indiano e il deserto del Sahara tra il 650 e il 1900.

È impossibile esagerare il male della tratta. Abbiamo incontrato una donna uccisa dal padrone arabo perché non era in grado di camminare oltre. Abbiamo visto una donna legata ad un albero e lì lasciata morire. Abbiamo incontrato i corpi di uomini morti per fame

David Livingstone

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