
Disobbedienza civile – Thoreau come l’Unione Europea
In questo momento storico “Disobbedienza civile” dovrebbe essere equiparato ad un libro sacro, come la Bibbia dovrebbe trovarsi in ogni camera d’albergo, dovrebbe essere nella libreria di ogni casa, studiata e conosciuta a memoria dovrebbe essere citata in momenti simili a questo.
Prima Tolstoj e al suo seguito Gandhi e, più vicino a noi, Martin Luther King. Tutti loro hanno trovato nella disobbedienza civile un armamentario di argomentazioni teoriche e morali per un modo nuovo di lottare e di esercitare l’azione politica.
Nel suo saggio Thoreau condanna apertamente le scelte del governo statunitense, in particolare la permissione della schiavitù e la guerra espansionistica contro il Messico; per questi motivi egli si rifiutò di pagare le tasse, tentando di boicottare la politica del governo e di non contribuire al rafforzamento dello schiavismo nel Sud, ma presto venne incarcerato (solo per una notte, poiché probabilmente una sua zia pagò per lui la tassa in questione).
Proprio da quest’esperienza nasce Disobbedienza civile, in cui egli spiega i motivi del suo arresto ingiusto, sostenendo che è ammissibile non rispettare le leggi quando esse vanno contro la coscienza e i diritti dell’uomo; Thoreau fonda così i primi movimenti di protesta e resistenza nonviolenta, che verranno successivamente rappresentati da Martin Luther King e Gandhi.
Il suo essere attuale lo si capisce semplicemente leggendo poche righe, ieri come oggi, si intuisce che strada bisogna seguire e come si debba agire per uscire da strutture sovranazionali che vogliono soffocarci.
“Coloro che, pur disapprovando il carattere ed i provvedimenti di un governo, gli concedono la propria fedeltà ed il proprio appoggio, ne sono senza alcun dubbio i più coscienziosi sostenitori, e costituiscono molto di frequente i più seri ostacoli alla riforma. Alcuni stanno presentando petizioni alla Stato affinché sciolga l’Unione, affinché non rispetti le richieste del Presidente. Perché non la sciolgono da soli, – l’unione tra sé e lo Stato, – e perché non si rifiutano di versare la propria quota al suo erario? Non hanno forse, con lo Stato, la stessa relazione che lo Stato ha con l’Unione? E non hanno forse le medesime ragioni che hanno impedito loro di opporsi allo Stato, impedito allo Stato di opporsi all’Unione? Come può un uomo essere soddisfatto di prendere semplicemente in considerazione un’opinione, e compiacersi di ciò? Quale compiacimento c’è, se la sua opinione è che egli viene danneggiato? Se il vostro vicino vi truffa anche per 8 un solo dollaro, non vi accontentate di sapere che siete stati truffati, o di dire che siete stati truffati, né di chiedergli di darvi quanto vi spetta; fate invece immediatamente passi concreti per ottenere l’intera somma, e cercate di fare in modo di non essere mai più imbrogliati. L’azione in base ad un principio, – la percezione e l’attuazione del giusto, – cambia le cose ed i rapporti; essa è essenzialmente rivoluzionaria, e non si concilia del tutto con niente che esisteva prima. Essa non solo divide Stati e chiese, divide le famiglie; sì, divide l’individuo, separando ciò che è diabolico in lui dal divino. Le leggi ingiuste esistono: dobbiamo essere contenti di obbedirle, o dobbiamo tentare di emendarle, e di obbedirle fino a quando non avremo avuto successo, oppure dobbiamo trasgredirle da subito? Generalmente gli uomini, con un governo come questo, pensano che dovrebbero aspettare finché avranno persuaso la maggioranza a modificarle. Ritengono che, se opponessero resistenza, il rimedio sarebbe peggiore del male. Ma è proprio colpa del governo se il rimedio è peggiore del male. Lui lo rende peggiore.”
Dopo aver letto questo breve estratto, pensate sia ancora giusto aspettare che il governo cambi autonomamente il suo agire o deve essere il cittadino (con tutti i mezzi che ha a disposizione) a spingere verso una nuova direzione?