COLDIRETTI – Smontato il mito degli italiani che “non vogliono fare certi lavori”

Negli ultimi anni ci siamo sempre sentiti dire che in Italia avevamo bisogno di manodopera straniera perché l’italiano non voleva fare più certi lavori. Onestamente non ho mai creduto a questo mantra, nell’italiano ho sempre visto e riscontrato un particolare tipo di operosità che nei momenti più bui, si è trasformata in un ingegnosa arte di sapersi arrangiare.

L’italiano è quel tipo di uomo che per vocazione storica non si è mai tirato indietro, tanto in patria quanto all’estero. Ha costruito le strade di altri, ha estratto il carbone per altri ed ha costruito i grattacieli di altri; questo è il motivo per cui non ho mai creduto alla bugia che a casa nostra fossimo diventati così snob, da disdegnare anche le mansioni più ordinarie anche se poco edificanti.

L’emergenza coronavirus sembra però avere finalmente fatto calare il sipario sul palcoscenico delle menzogne, di questo ne è prova concreta l’esperimento della Coldiretti, che tramite il lancio di Jobincountry, un portale nato l’intento di:

  • combattere le difficoltà occupazionali
  • garantire le forniture alimentari
  • stabilizzare i prezzi con lo svolgimento regolare delle operazioni di raccolta.

ha dimostrato quanto gli italiani siano disposti a sporcarsi le mani se chiamati in causa.

L’iniziativa lanciata dalla Coldiretti ha avuto una sua fase pilota in Veneto e adesso, dopo l’autorizzazione del Ministero del Lavoro, può essere applicata anche dalle altre regioni di Italia.

Ma in cosa consiste questa iniziativa? Niente di più semplice da spiegare, dato il periodo economicamente disastroso che stiamo vivendo, si sono cercati profili che volessero svolgere “attività sui campi” per sopperire alla mancanza di lavoratori stranieri.

I soli dati inerenti il Veneto parlano chiaro, in 1 sola settimana dal lancio dell’iniziativa si sono avute quasi 2.000 candidature di profili molto eterogenei sia per Curriculum sia per fascia di età. Laureati e non laureati, partite IVA, studenti, operai, cassa integrati, manager e dirigenti, tutti in scesi letteralmente in campo per darsi da fare.

I dati, come scrive il quotidiano Avvenire, in poche ore di operatività a livello nazionale, i curriculum inseriti sono stati 400. Il 60% di chi è pronto a “tornare alla terra” ha fra i 20 e i 30 anni di età, il 30% ha fra i 40 e i 60 anni e infine 1 su 10 (10%) ha più di 60 anni.

Questo dimostra che in Italia il problema legato al reperimento di manodopera locale in molti settori produttivi del nostro Paese, non sono è ritrovarsi nel carattere dell’italiano poco incline a “certi lavori”, ma alla dignità che esso conserva nel non accettare di lavorare per salari ed orari di lavoro equiparati alla schiavitù.

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